Audio tour 01 - La Villa, l'Antro c.d. di Tiberio ed il Museo Archeologico di Sperlonga
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Conducendosi nel 1957 i lavori per la realizzazione della strada litoranea Terracina-Gaeta, statale 213 Flacca, con un tracciato che in più punti coincide con l'antica via Flacca fatta realizzare da L. Valerio Flacco nel 184 a.C., nella località ove sorge la Villa detta di Tiberio, all'interno della grotta, venne alla luce casualmente il ricco complesso di sculture antiche oggi esposte in questo Museo.
La scoperta dei marmi antichi si deve all'ing. Erno Bellante, direttore dei lavori della moderna Flacca, che condusse un'esplorazione preliminare all'interno della grotta, sul litorale menzionato da Tacito (Annales, IV, 59) quando racconta del rischio corso da Tiberio, che qui stava per essere sepolto da una frana e dell'intervento provvidenziale del liberto Seiano.
Dall'esplorazione del Bellante vennero messi in luce 554 frammenti mermorei significativi e diverse migliaia di frammenti informi. Gli scavi furono continuati dalla Soprintendenza Archeologica per il Lazio nella persona di Giulio Jacopi, allora Soprintendente. In tutto furono scoperti oltre 15.000 frammenti marmorei. Questi, così come quelli rinvenuti dal Bellante, furono trovati in un bacino circolare, posto all'interno della grotta che presentava un impianto per l'itticoltura.
Le sculture originarie non caddero naturalmente nella piscina circolare, bensì vi furono gettate, ridotte volutamente in piccoli pezzi, per riempire il bacino e permettere così una utilizzazione della grotta da parte dei successivi proprietari in età non precisabile.
Tra le migliaia di frammenti fu rinvenuta un'iscrizione, anch'essa frammentaria, con le firme di Athanodoros, Agesandros e Polydoros, i tre famosi scultori rodii autori del Laocoonte, che unita alla presenza di enormi spire serpentine e grosse gambe appartenenti ad un gigante, portarono lo Jacopi a pensare di essere di fronte ad una copia della celebre opera.
La tesi dello studioso suscitò obiezioni da parte di alcuni archeologi, per la testimonianza fornita dalla scoperta di una tavoletta in frammenti, recante un'scrizione del I secolo d.C., di un tal poeta Faustinus in cui si fa riferimento in Sperlonga ad un gruppo di Polifemo e ad un altro di Scilla. La presenza, inoltre, tra i frammenti, di un braccio piegato reggente una parte di un lungo palo avvalorava tale obiezione.
Apparve chiaro allora che si era di fronte non al gruppo del Laocoonte, bensì a due gruppi, uno di Scilla ed uno di Polifemo, in atto di essere accecato da Ulisse, e che la tavoletta recante la firma dei tre artisti rodii era da riferire al primo dei due.
I restauri, eseguiti successivamente dallo scultore Vittorio Moriello sotto la direzione scientifica di Baldassare Conticello, portarono alla identificazione di quattro gruppi di sculture di marmo greco, poste nella grotta come decorazione molto probabilmente dallo stesso imperatore Tiberio, di cui era nota la fama di collezionista.
Le quattro composizioni scultoree identificate sono relative al gruppo del Polifemo, al gruppo di Scilla, ed ai gruppi binari del Ratto del Palladio con Ulisse e Diomede e del c.d. gruppo del Pasquino con Menelao e Patroclo o, secondo la più recente interpretazione, con Ulisse e Achille.
I quattro gruppi razionalmente collocati nella grotta in modo che l'uno non ostacolasse la vista dell'altro dovevano avere come motivo conduttore Ulisse e le sue imprese.
Il problema della datazione dei gruppi, in particolare quello di Polifemo e di Scilla, è controverso. Si discute tra gli studiosi se si tratti di originali greci della media età ellenistica o di copie romane del I secolo d.C.
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