Audiotour 2_Bastione cinquecentesco_it
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Audio-Tour Zusammenfassung
Tra il 1503 e il 1508, durante il dominio fiorentino di Arezzo, il Granduca Cosimo I de' Medici commissionò la costruzione della Fortezza di Arezzo a Giuliano da Sangallo, al quale si affiancò in seguito il fratello Antonio da Sangallo il Vecchio. La prima fortificazione, distrutta a seguito della rivolta degli aretini nel 1529, fu sostituita da quella visibile ancora oggi, progettata da Antonio da Sangallo il Giovane nel 1540. Giuliano da Sangallo fu chiamato ad Arezzo nell’ottobre del 1502 per “mettere questo chassero in fortezza” dopo i danni provocati alle strutture difensive già esistenti dalla rivolta del giugno 1502: gli insorti aretini, coadiuvati dal condottiero Vitellozzo Vitelli, assediarono cassero e cittadella che capitolarono chiedendo la resa il giorno dopo. Sedata la rivolta nell’agosto dello stesso anno i fiorentini inviarono il Sangallo ad ispezionare la Fortezza per adeguarne le fortificazioni alle nuove tecniche di guerra con artiglieria a polvere. La prima Fortezza medicea era caratterizzata da bastioni di forma lobata o “a cuore”, due dei quali furono integrati, durante la successiva ricostruzione, nei bastioni del Soccorso e della Chiesa, che ne caratterizzano l'aspetto attuale sul lato orientale e sud orientale. Il bastione qui di fronte, considerato un rudere già nella cartografia storica del ‘700, dove è definito “muraglie antiche”, presenta la forma a cuore della prima fase della Fortezza. Le attività di archeologia preventiva che nel 2012 ne hanno permesso l’identificazione hanno evidenziato due elementi che rendono questo bastione importante per la comprensione delle vicende immediatamente precedenti la costruzione della Fortezza Medicea attuale: le caratteristiche della struttura al momento del rinvenimento e l’area immediatamente circostante. Il bastione si presenta visibilmente collassato sul lato occidentale, quello che dà verso la città, ed è evidente che la sua parte inferiore abbia subito un cedimento strutturale non imputabile a cause naturali (terremoti o frane). Confrontando il dato con le fonti storiche possiamo interpretare questa evidenza come il risultato dei cannoneggiamenti che nel 1529, quando gli aretini si ribellarono ancora a Firenze, danneggiarono la Fortezza a un punto tale da determinare la necessità non soltanto di costruirne una ex-novo che fosse adeguata alle nuove tecniche belliche, ma anche di creare una sorta di “area cuscinetto” libera da edifici negli immediati dintorni della fortezza stessa. L’altra evidenza, forse ancora più significativa per la ricostruzione della sequenza di avvenimenti che hanno interessato quest’area, riguarda la presenza di uno sperone di roccia non livellato e ancora visibile a poca distanza dal lato orientale del bastione. Questo elemento consente di ipotizzare che al momento del parziale danneggiamento del bastione le attività di sistemazione dell’area non fossero concluse; è evidente, infatti, che in questa fase i fiorentini abbiano pensato prima di tutto ad erigere le cortine difensive, circondate almeno in questa zona da un fossato, per concentrarsi sull’esterno in un momento successivo, operazione evidentemente interrotta dalla rivolta degli aretini del 1529. Al quell’epoca la città di Arezzo occupava anche l’insellatura tra i colli di San Donato (dove sorge la Fortezza) e quello di San Pietro (dove attualmente sorge il Duomo). Dopo la rivolta aretina, che ha provocato la distruzione di gran parte della fortificazione eretta su progetto di Giuliano da Sangallo e Antonio da Sangallo il Vecchio tra il 1503 e il 1508, fu incaricato della nuova progettazione, nel 1534, Antonio da Sangallo il Giovane. Le disposizioni dell’architetto, oltre alla descrizione dei materiali da reperire e alle indicazioni sulle strutture superstiti da riutilizzare nella nuova struttura, contengono un dato nuovo e determinante circa l’aspetto che avrebbe dovuto assumere la zona circostante la nuova fortificazione: per esigenze militare infatti dovranno essere abbattute tutte le strutture nelle immediate vicinanze “appresso est necessario far fare qualche quantità di mattoni salvo che ne fussi in le mura della cittadella quale se hanno a rovinare; si potrà torre di quelli perché se ha a rovinare ogni cosa totaliter tanto le maura castellane dalla parte di verso la città et tutte le torri et chasamenti et palazone di dicta cittadella: tutto si ha a ridurre in piazza”. Le ragioni di questo provvedimento così estremo risiedono nel fatto che era necessario eliminare ogni struttura presente nell’area per lasciare campo libero al tiro dei cannoni e quindi anche delle ormai desuete opere difensive medievali, più d’intralcio che d’aiuto in caso di assedio.
- 1 Bastione Cinquecentesco
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Tra il 1503 e il 1508, durante il dominio fiorentino di Arezzo, il Granduca Cosimo I de' Medici commissionò la costruzione della Fortezza di Arezzo a Giuliano da Sangallo, al quale si affiancò in seguito il fratello Antonio da Sangallo il Vecchio. La prima fortificazione, distrutta a seguito della rivolta degli aretini nel 1529, fu sostituita da quella visibile ancora oggi, progettata da Antonio da Sangallo il Giovane nel 1540. Giuliano da Sangallo fu chiamato ad Arezzo nell’ottobre del 1502 per “mettere questo chassero in fortezza” dopo i danni provocati alle strutture difensive già esistenti dalla rivolta del giugno 1502: gli insorti aretini, coadiuvati dal condottiero Vitellozzo Vitelli, assediarono cassero e cittadella che capitolarono chiedendo la resa il giorno dopo. Sedata la rivolta nell’agosto dello stesso anno i fiorentini inviarono il Sangallo ad ispezionare la Fortezza per adeguarne le fortificazioni alle nuove tecniche di guerra con artiglieria a polvere. La prima Fortezza medicea era caratterizzata da bastioni di forma lobata o “a cuore”, due dei quali furono integrati, durante la successiva ricostruzione, nei bastioni del Soccorso e della Chiesa, che ne caratterizzano l'aspetto attuale sul lato orientale e sud orientale. Il bastione qui di fronte, considerato un rudere già nella cartografia storica del ‘700, dove è definito “muraglie antiche”, presenta la forma a cuore della prima fase della Fortezza. Le attività di archeologia preventiva che nel 2012 ne hanno permesso l’identificazione hanno evidenziato due elementi che rendono questo bastione importante per la comprensione delle vicende immediatamente precedenti la costruzione della Fortezza Medicea attuale: le caratteristiche della struttura al momento del rinvenimento e l’area immediatamente circostante. Il bastione si presenta visibilmente collassato sul lato occidentale, quello che dà verso la città, ed è evidente che la sua parte inferiore abbia subito un cedimento strutturale non imputabile a cause naturali (terremoti o frane). Confrontando il dato con le fonti storiche possiamo interpretare questa evidenza come il risultato dei cannoneggiamenti che nel 1529, quando gli aretini si ribellarono ancora a Firenze, danneggiarono la Fortezza a un punto tale da determinare la necessità non soltanto di costruirne una ex-novo che fosse adeguata alle nuove tecniche belliche, ma anche di creare una sorta di “area cuscinetto” libera da edifici negli immediati dintorni della fortezza stessa. L’altra evidenza, forse ancora più significativa per la ricostruzione della sequenza di avvenimenti che hanno interessato quest’area, riguarda la presenza di uno sperone di roccia non livellato e ancora visibile a poca distanza dal lato orientale del bastione. Questo elemento consente di ipotizzare che al momento del parziale danneggiamento del bastione le attività di sistemazione dell’area non fossero concluse; è evidente, infatti, che in questa fase i fiorentini abbiano pensato prima di tutto ad erigere le cortine difensive, circondate almeno in questa zona da un fossato, per concentrarsi sull’esterno in un momento successivo, operazione evidentemente interrotta dalla rivolta degli aretini del 1529. Al quell’epoca la città di Arezzo occupava anche l’insellatura tra i colli di San Donato (dove sorge la Fortezza) e quello di San Pietro (dove attualmente sorge il Duomo). Dopo la rivolta aretina, che ha provocato la distruzione di gran parte della fortificazione eretta su progetto di Giuliano da Sangallo e Antonio da Sangallo il Vecchio tra il 1503 e il 1508, fu incaricato della nuova progettazione, nel 1534, Antonio da Sangallo il Giovane. Le disposizioni dell’architetto, oltre alla descrizione dei materiali da reperire e alle indicazioni sulle strutture superstiti da riutilizzare nella nuova struttura, contengono un dato nuovo e determinante circa l’aspetto che avrebbe dovuto assumere la zona circostante la nuova fortificazione: per esigenze militare infatti dovranno essere abbattute tutte le strutture nelle immediate vicinanze “appresso est necessario far fare qualche quantità di mattoni salvo che ne fussi in le mura della cittadella quale se hanno a rovinare; si potrà torre di quelli perché se ha a rovinare ogni cosa totaliter tanto le maura castellane dalla parte di verso la città et tutte le torri et chasamenti et palazone di dicta cittadella: tutto si ha a ridurre in piazza”. Le ragioni di questo provvedimento così estremo risiedono nel fatto che era necessario eliminare ogni struttura presente nell’area per lasciare campo libero al tiro dei cannoni e quindi anche delle ormai desuete opere difensive medievali, più d’intralcio che d’aiuto in caso di assedio.
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