Audio tour Calvene Industriale
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Update Required To play the media you will need to either update your browser to a recent version or update your Flash plugin.Quest'audioguida digitale dedicata ad un tour tematico sul territorio di Calvene è fornita dal Comune di Calvene.
E' disponibile anche la brochure digitale sfogliabile online cliccando sul link: CALVENE INDUSTRIALE.
Calvene: l'ossimoro di un paese moderno non industrializzato.
Per tutto l’Ottocento e il Novecento Calvene è rimasto un paese tenacemente attaccato ad un'economia agricola e silvo-pastorale; la popolazione si dedicava alla coltivazione di viti e ulivi, all’allevamento di capre, pecore e bovini, al taglio dei boschi ed alla produzione di carbone.
Il fondovalle, dove si trovano le contrade Bordogni, Rossi, Colesello, Valsavina e Costa, è la parte più fertile del paese, dove un secolo fa erano censite circa 240 aziende agricole. Ora, salvo pochi casi, l’attività agricola e agropastorale non è più la fonte principale di sussistenza. Anche l’attività casearia è stata progressivamente abbandonata, quando, fino alla metà del secolo scorso il latte veniva lavorato nel caseificio di San Bovo e anche nei caselli del Malleo e di San Bellino.
Nel Medioevo Calvene era nota per la lavorazione della lana.
A questa attività si aggiungevano il tradizionale artigianato, oggi estinto, della produzione degli intrecci e dei cappelli di paglia, meglio conosciuta come l’arte della dressa, e l'allevamento dei bachi da seta.
Forse è in virtù di questa vocazione che l’unica manifattura a lungo operativa a Calvene è stata quella tessile.
I calvenesi osteggiarono infatti il processo di industrializzazione sul loro territorio, rifiutando, nel secolo scorso, l’insediamento delle industrie lungo le sponde sull’Astico: il Cotonificio Rossi, che quindi fu impiantato a Caltrano, e la cartiera Nodari (poi Burgo e oggi Mosaico), che trovò sede a Lugo di Vicenza.
Trattasi, dunque, di un ossimoro per un paese che, agli albori del Novecento, si presentava come una cittadina montana vivace e moderna, dotata di un’atavica capacità di gestire e sfruttare le sue risorse idriche e naturali, illuminata al punto da dotarsi di importanti infrastrutture logistiche, producendo e distribuendo alle sue contrade energia elettrica, prima ancora di altri centri più importanti.
Non è dunque un caso che il circuito di visita ai manufatti di archeologia pre-industriale di Calvene sia incentrato su due risorse territoriali - l'acqua e la pietra - e su di un'opera d'ingegneria avanguardista: il ponte sull'Astico.
- 1 Piazza Resistenza
- 2 Molino de' Pierela
- 3 Molinetto della Teodolinda
- 4 Vecchio ponte sulla Chiavona
- 5 Centrale idroelettrica della cartiera Bernardino Nodari
- 6 Abbeveratoio in Contrà Maglio
- 7 Resti del lavatoio vicino all'Astico
- 8 Ponte sull'Astico
- 9 Centrale idroelettrica Rossi
- 10 Lavatoio di Contrà Magan
- 11 Ex Casa del Fascio e ex maglificio E.T.I.
- 12 Fontana di Brighella
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Calvene: l'ossimoro di un paese moderno non industrializzato.
Per tutto l’Ottocento e il Novecento Calvene è rimasto un paese tenacemente attaccato ad un'economia agricola e silvo-pastorale; la popolazione si dedicava alla coltivazione di viti e ulivi, all’allevamento di capre, pecore e bovini, al taglio dei boschi ed alla produzione di carbone.
Il fondovalle, dove si trovano le contrade Bordogni, Rossi, Colesello, Valsavina e Costa, è la parte più fertile del paese, dove un secolo fa erano censite circa 240 aziende agricole. Ora, salvo pochi casi, l’attività agricola e agropastorale non è più la fonte principale di sussistenza. Anche l’attività casearia è stata progressivamente abbandonata, quando, fino alla metà del secolo scorso il latte veniva lavorato nel caseificio di San Bovo e anche nei caselli del Malleo e di San Bellino.
Nel Medioevo Calvene era nota per la lavorazione della lana.
A questa attività si aggiungevano il tradizionale artigianato, oggi estinto, della produzione degli intrecci e dei cappelli di paglia, meglio conosciuta come l’arte della dressa, e l'allevamento dei bachi da seta.
Forse è in virtù di questa vocazione che l’unica manifattura a lungo operativa a Calvene è stata quella tessile.
I calvenesi osteggiarono infatti il processo di industrializzazione sul loro territorio, rifiutando, nel secolo scorso, l’insediamento delle industrie lungo le sponde sull’Astico: il Cotonificio Rossi, che quindi fu impiantato a Caltrano, e la cartiera Nodari (poi Burgo e oggi Mosaico), che trovò sede a Lugo di Vicenza.
Trattasi, dunque, di un ossimoro per un paese che, agli albori del Novecento, si presentava come una cittadina montana vivace e moderna, dotata di un’atavica capacità di gestire e sfruttare le sue risorse idriche e naturali, illuminata al punto da dotarsi di importanti infrastrutture logistiche, producendo e distribuendo alle sue contrade energia elettrica, prima ancora di altri centri più importanti.
Non è dunque un caso che il circuito di visita ai manufatti di archeologia pre-industriale di Calvene sia incentrato su due risorse territoriali - l'acqua e la pietra - e su di un'opera d'ingegneria avanguardista: il ponte sull'Astico.
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