Tintoretto (Jacopo Robusti)
(Venezia, 1519 - 1594)
Ritrovamento del corpo di san Marco
1562-1566
Olio su tela
Dalla Scuola Grande di San Marco a Venezia, 1811
In una chiesa buia appare san Marco. Indossa la veste rosa e il mantello azzurro, come nella Predica in sala VIII/8. Alza un braccio per fermare la ricerca del suo cadavere. il suo corpo è già stato trovato ed è adagiato in scorcio sul tappeto. Ancora non hanno visto nulla i tre uomini che calano un morto dalla prima tomba, mentre un quarto cerca di fare luce con una candela. Dietro al corpo di san Marco un ragazzo è seduto a terra: si sostiene con un bastone e indica gli occhi, forse per chiedere una guarigione. Una donna è spaventata, non solo dall'individuo che le afferra le gambe, ma anche da una specie di fumo che esce dalla bocca dell'uomo: è il demonio che, allontanato dalla presenza del santo, sale verso l'alto e diventa quasi una ragnatela luminescente che pende dalle volte. Personaggi evanescenti compaiono seguendo il muro che, in diagonale, si allontana verso il fondo, dove una botola è aperta: sul coperchio si stampano le ombre create dalle fiaccole accese di coloro che ancora cercano nel sottosuolo.
Vicino al santo disteso è inginocchiato il committente dell'opera: Tommaso Rangone, Guardian Grande della Scuola di san Marco, cioè della confraternita dedicata al patrono di Venezia. Secondo la tradizione, nel IX secolo le reliquie dell'evangelista furono ritrovate ad Alessandria e quindi trasportate nella città lagunare. Quest’opera rappresenta la ricerca e il ritrovamento del corpo del santo da parte di un gruppo di mercanti veneziani.
Il dipinto, terminato entro il 1566, è una delle opere più note di Jacopo Robusti, uno dei protagonisti della pittura veneta del Cinquecento, conosciuto come il Tintoretto per la professione del padre, tintore di stoffe.
Fuori dalla sua bottega, Tintoretto affisse il cartello "Colorito di Tiziano, disegno di Michelangelo". Questo aneddoto ci dà l’idea della sua grande ambizione: essere sintesi tra Tiziano, massimo rappresentante della pittura veneta, dominata dal colore, e Michelangelo altissimo interprete della pittura fiorentina, basata sul primato del disegno.
Nell'opera a Brera il corpo muscoloso del santo ha una prestanza che mostra la suggestione del modello michelangiolesco.
Tintoretto applica abilmente la prospettiva sia alle singole figure, ad esempio al corpo del santo rappresentato in scorcio, sia allo scenario complessivo, che vede le linee di fuga convergere sulla mano aperta di san Marco, enfatizzando il suo gesto perentorio. La prospettiva diagonale è accompagnata dalla successione delle volte, illuminate dai bagliori di luce che Tintoretto utilizzò per accrescere la drammaticità della scena. Il pittore si serviva di teatrini in miniatura in cui metteva piccole figure per provare posizioni, atteggiamenti, panneggi dei personaggi, ma anche candele per verificare luci e ombre. Passava poi al disegno e infine alla stesura del colore, ultima fase di un complesso percorso creativo. La velocità con la quale Tintoretto stendeva le pennellate, per cui era spesso criticato, quasi fosse sinonimo di un procedere poco meditato e arrogante, è anche figlia di un'urgenza creativa straordinaria che ha contribuito a rendere la sua figura molto vicina alla sensibilità moderna.
Fermate tour
Recensioni
Non esistono ancora recensioni
Scrivi una recensione per primo