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Caravaggio (Michelangelo Merisi)
(Milano 1571 - Port’Ercole 1610)
Cena in Emmaus
1606
Olio su tela
Dono Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi, 1939

 

In un ambiente dominato dall'oscurità, una luce proviene da sinistra a illuminare la scena. Cristo sta benedicendo il pane appena spezzato. Ha lo sguardo rivolto verso il basso e il volto leggermente inclinato. L’uomo di profilo protende il collo e aggrotta la fronte, scattando in avanti per vedere meglio ciò che accade, come se non credesse ai suoi occhi, mentre l’altro, di spalle, racconta il suo stupore con le mani sollevate e aperte. L’oste, che guarda perplesso, e la serva restano invece estranei all'avvenimento perché non riconoscono il gesto di Gesù. Sulla tavola pochi elementi: due pani, un piatto di ceramica con erbe, un piatto di peltro e una caraffa. Poco dietro, un bicchiere con del vino rosso.

Il momento rappresentato conclude l’episodio descritto nel Vangelo di Luca, in cui due discepoli percorrono parte del cammino che va da Gerusalemme verso Emmaus con un viandante, al quale confidano la loro tristezza per la morte di Gesù. Scesa la sera, i discepoli invitano l'uomo a fermarsi in una locanda a mangiare con loro. Solo quando lo vedono benedire e spezzare il pane, ripetendo i gesti dell’Ultima cena, comprendono che è Cristo risorto. Un istante dopo egli scompare dalla loro vista.

Caravaggio mette in scena l'attimo dell'inaspettata rivelazione. Cristo è raffigurato con il viso immerso per metà nell'ombra, nella quale subito dopo si dileguerà.

Caravaggio dipinse la tela in un momento cruciale della sua vita. Nel maggio del 1606 uccise un uomo a Roma. In attesa di conoscere la sua sorte, si nascose fuori città, tra Paliano, Zagarolo e Palestrina, forse protetto dalla potente famiglia Colonna. Ma non smise di dipingere. Realizzò da latitante questa tela. È la seconda versione di un tema che aveva già affrontato, qualche anno prima, in un altro dipinto oggi conservato alla National Gallery di Londra. 

Condannato alla pena capitale, Caravaggio fu poi costretto a lasciare lo Stato Pontificio, dando così inizio all'ultima travagliata fase della sua vita.

La bravura con la quale Caravaggio dosa luci e ombre conferisce alla versione di Brera, tutta giocata su toni terrosi, un'intimità e un lirismo sconosciuti alla più sgargiante versione di Londra. L'opera rappresenta infatti una svolta nello stile di Caravaggio caratterizzata da una maggiore attenzione alla carica espressiva e drammatica della scena, tutta incentrata sui personaggi e i pochissimi oggetti circondati dal buio. La luce racconta che una rivelazione accade. L'ombra si posa su corpi e cose, rappresentate nella loro verità; sottolinea gesti ed espressioni; attraversa il viso di un Cristo velato di malinconia; entra nel solco del pane spezzato irregolarmente, secondo quella naturalezza che Caravaggio si portò dietro dalla formazione in terra di Lombardia.

Il dipinto, entrato in Pinacoteca nel 1939, grazie al contributo dell'Associazione degli Amici di Brera, è una delle uniche due opere di Caravaggio presenti sul territorio milanese, l’altra è la famosa Canestra di frutta conservata alla Pinacoteca Ambrosiana.

 

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