Silvestro Lega
(Modigliana, Forlì, 1826 - Firenze, 1895)
Un dopo pranzo (il pergolato)
1868
Olio su tela
Dono dell'Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi, 1931
È un sereno dopo pranzo estivo. La luce indora i campi e sfuma i pioppi all'orizzonte, immersi in un cielo bianco d'afa. Un pergolato ripara dalla calura alcune donne e una bambina. Una donna, con materna confidenza, mette una mano sulla spalla della bambina che racconta qualcosa con gesti vivaci. Un'altra, di fronte, la ascolta tranquilla, mentre si regge la testa con la mano. La donna con il ventaglio aperto si volta al sopraggiungere del caffè, portato su un vassoio da una donna con il grembiule. Sulla panchina in fondo sono pronte le tazzine. Sul muretto a destra sta una fila ordinata di vasi di terracotta con fiori bianchi e rossi; qualche fiore indisciplinato è scappato dal vaso più grande e ora, esuberante, si moltiplica alla sua base. Tra le formelle chiare della pavimentazione spuntano radi ciuffi di verde tenace.
Il dipinto di Silvestro Lega, noto come Il pergolato o Un dopo pranzo, fu donato nel 1931 alla Pinacoteca dall’Associazione Amici di Brera. È firmato e datato in basso a sinistra. Fu realizzato nel 1868 a Piagentina, sulle colline fuori Firenze, dove il pittore romagnolo si era ritirato dopo alcuni anni trascorsi nel capoluogo toscano. Il periodo di Piagentina fu il più sereno della vita del pittore, ospite presso le sorelle Batelli. Con una di esse, Virginia, intrecciò una relazione amorosa, bruscamente interrotta dalla morte di lei per tisi. Agli anni sessanta dell'Ottocento corrispondono le opere più fresche di Lega: ariose scene en plein air in una campagna distesa e serena e interni semplici che raccontano la poetica quotidianità di affetti famigliari.
La tavolozza chiara, la purezza della linea, la nitidezza della composizione mostrano la personale rielaborazione della pittura toscana del Quattrocento.
L'opera coincide con gli anni più fecondi della pittura macchiaiola in Italia, che vide Lega tra i suoi protagonisti. Il movimento macchiaiolo, nato prima dell'esperienza impressionista francese, riunì artisti che aspiravano a rendere la verità della percezione visiva tramite una pittura a macchie, con contrasti tra zone in luce e in ombra presentate senza passaggi graduali.
È proprio l'avvicendarsi tra luce e ombra che dà una personalità unica a questo capolavoro di Lega. Caldi raggi vincono la barriera del pergolato dipingendo al suolo strisce chiare, pennellano una macchia bianca sulla spalla della donna sulla panchina, illuminano piccole parti del viso e del vestito della bambina. La luce ingiallisce alcune foglie del rampicante, ma non riesce a raggiungere quelle più nascoste, che restano vestite di verde pieno grazie all'ombra nella quale si riposano. La penombra che avvolge le figure crea un'atmosfera di calma confidenza familiare. Un attimo fuggente di luce e colore, ma anche di sguardi e gesti, che l'arte di Lega fissa per sempre in questo capolavoro dell'Ottocento italiano.
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