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Audio tour Gli altari della chiesa madre

Lo stile originale della Chiesa Madre era uno stile che vedeva protagonisti i colori pastello e le tecniche pittoriche a finto-marmo, che caratterizzavano quasi ogni parete e ogni altare della chiesa. Il 19° secolo fu il secolo della fusione  tra classicismo e  modernità nell’arte e nelle costruzioni. La maggior parte, o quasi la totalità di questi colori oggi non sono più visibili, a causa delle operazioni di ridipintura effettuate nel corso degli anni. Si sta lavorando in tal senso per cercare di recuperare almeno gli altari della chiesa madre, facendo un lavoro di restauro che possa portare alla luce tutto ciò che è stato coperto e ridipinto nei secoli passati.

Non abbiamo notizie documentate circa i nomi di chi ha messo mani nella costruzione della chiesa e nella costruzione degli altari. Da qualche anno, partendo da uno scritto del Rettore Filippo Evola, l'ideatore della chiesa, si possono avallare delle ipotesi che ci conducono ad una delle personalità più importanti, eclettiche e rinomate del 19° secolo: l'architetto Giuseppe Damiani Almeyda. La sua azione di studioso del disegno, di progettista attento alla edificazione quanto alla teoria dell’architettura, testimonia, l’esperienza e il profilo morale di un vero e proprio maestro che ha saputo contribuire a quella crescita di qualità urbana nella città di Palermo, almeno per alcuni decenni. Partecipa al progetto per il Massimo e per il teatro Politeama-Garibaldi. Gli sono affidati la progettazione e la realizzazione del complesso delle quattro edicole di Villa Giulia e a metà degli anni settanta quelli della Palazzina Florio a Favignana. Da vari rilievi di comparazione eseguiti da esperti in campo architettonico e artistico sui lavori dell'Almeyda, è possibile che lo stesso, grazie all'amicizia con il Rettore Evola, abbia progettato anche gli altari della chiesa madre. Molti infatti sono gli elementi che ci conducono al noto architetto, dai colori, alle forme, alle impostazioni di alcuni elementi architettonici. Il tutto ovviamente richiede ancora molto lavoro di ricerca, affinché queste ipotesi possano avere un fondamento documentario.

Enza Agrusa

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